All'inferno e ritorno - 13° puntata

Quel termine. parafimosi, aumentava esponenzialmente la mia paranoia, perché avevo sempre più il triste sospetto che qualcosa fosse andato veramente storto nell'intervento, non sapevo bene cosa, ma quel castrone, quella cicatrice così rilevata, così pronunciata, mi faceva gelare il sangue...

Terminato anche il ciclo degli antibiotici, mi recai nuovamente in ospedale, non ricordo bene per quale motivo, ma questa volta mi visitò, visitò è volutamente scritto in corsivo, lo scoprirete tra pochissimo, il perché l'ho scritto in questa maniera...

Entrammo in questo studio, probabilmente mi chiese di spogliarmi, la mia visione di quel fatto è la seguente...

Lui, seduto a una scrivania, che stava scrivendo un qualcosa, io, vicino alla porta, a distanza siderale, circa 3 metri, mi lancia uno sguardo distratto, superficiale, al mio uccello, e, come se niente fosse, mi dice queste cose, le sue parole me le ricorderò sempre...

"C'è poco da fare, se non aspettare 3, 4 mesi, poi riprogrammare con calma un altro intervento, per rimuovere la parafimosi che si è venuta a creare, sono cose normali, che succedono, quando non si fanno le cose a modo, perché questa volta facciamo come diciamo noi, come va fatto..."

Prende due fogli in mano, si dirige verso la porta, passandomi a fianco mi saluta e se ne va...

Andrò all'inferno ma spero tanto che, prima o poi, questa persona si becchi una di quella malattie progressivamente invalidanti, perché la freddezza, il distacco, lo sprezzo, quasi lo sdegno che mise nelle parole che disse era talmente alto che all'epoca rimasi come bloccato, inorridito da un attacco del genere, rileggendo la parole che aveva detto, mentre tutto rincoglionito stava camminando, quasi barcollando, nel corridoio di quel reparto, la mia considerazione fu la seguente...

"Pezzo di merda di una testa di cazzo, cosa avrei fatto, di male, per meritarmi una parafimosi? Ho lasciato la sala operatoria? Non ho preso i farmaci che mi avete costantemente prescritto? Non ho avuto cura del mio uccello? Che cazzo ho fatto di male, pezzo di merda di un bamboccio del cazzo?!?!"

Oggi non se ne sarebbe andato incolume, non gli avrei messo le mani addosso, con quella frase di merda che aveva detto? Probabilmente no, ma l'avrei pesantemente insultato, sputandogli addosso tante di quelle brutture, fra cui quella sala operatoria maledetta, dove probabilmente era successo un qualcosa di imprevisto, forse era stato proprio lì, che avevo preso un qualcosa di strano, la reazione abnorme della cicatrice poteva venire dal mio fisico ma anche da un qualcosa che avevano o non avevano fatto, facile, comodo, scaricare tutto quanto su di me...

Dovevo avere un'espressione fuori dal normale, tra l'allucinato e lo sconvolto, perché poco prima arrivare alle scale dell'ospedale incrociai una persona, anche lei tristemente famosa per me, l'infermiere della sala operatoria, che non so ancora bene per quale motivo, mi guardò, dapprima quasi con timore, poi probabilmente leggendo il mio stato, non poté fare a meno di chiedermi se stessi bene...

Continua...