Il mio primo, vero, contratto di lavoro - 33° puntata
Di tutto quello che successe, in quella maledetta, assurda domenica di fine agosto ho parlato in diversi post, alcune cose, situazioni o fatti sono ancora limpidi e nitidi nella mia mente, altri particolari si vanno sfumando, come il mio arrivo in azienda il lunedì seguente, sicuramente andai, sicuramente parlai più o meno con tutti quanti, sicuramente incontrai una perturbazione, uno di quei temporali quasi da far paura, pioggia mista a grandine, talmente forte, talmente violenta, che in alcuni punti, in tratti di strada in salita, si formavano dei mini-torrentelli traversali, che solcavano la carreggiata trasportando piccole quantità di terra...
"Sei proprio bastardo, tu, lassù, chiunque tu sia, se ci sei, perché fai piovere oggi, perché hai fatto un caldo tremendo per tutto questo mese del cazzo, e oggi, proprio oggi, il giorno dopo che si è sparato fai piovere come se non ci fosse un domani?!?! Non potevi concedergli un attimo di tregua, non potevi farlo respirare, invece di boccheggiare come un pesce fuori dall'acqua e farlo morire in una bollura del genere??"
Farneticavo fra me e me, mentre mi recavo in azienda, se fosse stato mattina o pomeriggio non lo ricordo neanche se venisse pagato a peso d'oro, il cielo era plumbeo, cupo, scuro, chiuso fino all'inverosimile, sembrava già notte, invece era un orario di normale apertura dell'azienda, vuotai il sacco, parlai parecchio, ascoltai poco, ma non ricordo nessuna faccia, tra quello che sentirono il mio racconto, nulla, tutto piatto, tutto azzerato, zero ricordi, quel lunedì fu uno scarico, uno svuotamento, e nulla di più, presi qualche giorno di tempo, per riorganizzarmi, il giorno seguente ci sarebbe stato il funerale, altra situazione imbarazzante, fuoriluogo, senza senso, inutile, assurda, tutti gli aggettivi di merda si sposano alla perfezione con quello che si poteva dire di quella incredibile messa in scena, ma che purtroppo era dannatamente reale...
L'ultimo saluto, prima di chiudere la bara, un paio di scarpe da running, di quelle che piacevano a lui, di quelle con cui si trovava benissimo, magari gli sarebbero servite, lassù, in cielo, per correre a perdifiato tra una nuvola e l'altra, chissà, perché no, con tutto il tempo libero che finalmente avrebbe avuto, libero dagli impegni di una vita quotidiana sempre avara di soddisfazioni, sempre piene di problemi, di grane, di casini vari, a volte insormontabili, a volte più agevoli da superare, ma con poche, vere gioie da far allargare il sorriso, quella era stata, a grandi linee, la sua vita, quella era quello che il fato gli aveva riservato, certo, di errori ne aveva fatti anche lui, per carità, sono il primo, allora come oggi, a dire che non era stato uno stinco di santo, che di cappelle ne aveva commesse, ma in alcuni frangenti della propria vita avrebbe meritato sorte migliore, di quella che in realtà gli è capitata, fra capo e collo, in particolar modo verso la fine della propria vita, quando tutto si incastrò mirabilmente, quasi a portare in un solo balzo a prendere quella infame decisione finale...